You, me and John Wayne baby

Navajo Nation’s Monument Valley Park - Foto: Silvia Pedrini

Dopo un’abbondante colazione ci mettiamo in strada, destinazione Kayenta, la terra degli indiani: e la Monument Valley. I Navajo non sono famosi per la loro ospitalità ed infatti non possiamo lasciare i bagagli in hotel prima di entrare nella Valley, per cui il nostro Mustang rimane carico “come un mulo” durante tutto il percorso. Il giorno precedente forti piogge avevano colpito la zona e all’ingresso del parco l’indiano-ranger ci consiglia, vista la tipologia di macchina, di non intraprendere tutto il giro del parco. Dopo una lunga discussione, con parecchia ansia di Silvia, e dopo che tutti ci hanno sconsigliato di farlo, decidiamo di procedere e fare tutto il giro della valle.

Elephnat Butte, Navajo Nation’s Monument Valley Park - Foto: Silvia Pedrini

Dal nostro diario di viaggio: “MR Wish, al volante, fa miracoli e trasforma il Mustang in un fuoristrada”. Effettivamente così è stato, tant’è che in qualche occasione Luca ha testato gli effetti della trazione posteriore sul fango, di conseguenza il nostro Mustang è diventato rosso. Il giro nella Monument Valley ti trasporta in un film Western, quelli in bianco e nero, dove i cowboy corrono dietro a lunghi treni a vapore per saccheggiarli. E noi, così ci sentivamo.

John Ford's point, Navajo Nation’s Monument Valley Park - Foto: Silvia Pedrini

Rimaniamo a bocca aperta di fronte a questa distesa di terra rossa e polverosa dominata da strani monoliti che vigilano su di essa come immobili giganti.

Ci facciamo strada tra pozzanghere, rocce, piccoli dirupi e immense pianure; sopra le nostre teste il cielo sembra volerci ammonire e vediamo scrosci in lontananza che riaccendono gli animi e le paure di Silvia. Sani e salvi torniamo nella safe-zone e di fronte al John Ford’s point rimaniamo in silenzio ad ascoltare il vento che soffia e ad  osservare quello spettacolo che abbiamo conosciuto solo attraverso uno schermo, e che ora lo sguardo fatica a contenere.